Stella33

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Cos’è il destination office?

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Con la decentralizzazione del lavoro ci si è resi conto che una gran parte dei dipendenti può lavorare ovunque e, quindi, che molti di essi non abbiano necessità di andare in ufficio. Ma, se non hanno bisogno di andarci, perché dovrebbero farlo lo stesso? La risposta dev’essere: perché vogliono andarci. Ed è qui che si apre il discorso sul destination office.

Un investimento per i dipendenti e le imprese

La pandemia da Covid-19 e l’ascesa del lavoro da remoto e ibrido sono stati una conferma di un processo che in realtà era già in atto: il cambiamento dell’ufficio. Ormai si può lavorare da più luoghi e questo ha messo in discussione l’importanza dell’ufficio, benché quest’ultimo sia stato a lungo il luogo di lavoro per eccellenza. Ad oggi, ciò che sta diventando sempre più essenziale è offrire un valore aggiunto ai dipendenti tramite l’ufficio e nell’ufficio stesso, che si sta trasformando in un luogo dove chi lavora può trovare esperienze e facilities che trasformino lo spazio di lavoro in una vera e propria destination; proprio da questo si origina la visione del destination office, un luogo che fa del senso di community e della collaborazione due elementi fondanti e che si rivela anche uno strumento molto utile ad attirare e trattenere nuovi talenti

Secondo Becky Turner, psicologa in-house di Claremont il destination office “elargisce un’importante dose di cultura aziendale ai dipendenti e li mantiene coinvolti, motivati e leali”: molte aziende usano la creazione di spazi unici per le loro necessità e per i loro dipendenti come strumento efficiente per costruirsi la reputazione — anche a livello internazionale — di luogo piacevole in cui lavorare che, a sua volta, influenza positivamente produttività e competitività interne alle aziende. 

L’espressione destination office è stata coniata da Claremont nel 2020 come previsione operata osservando i cambiamenti innescati dalla pandemia e dal lavoro da remoto: si è provato a ragionare sul futuro, immaginando cosa avrebbe convinto i dipendenti a tornare in ufficio, venute meno le restrizioni imposte dalla pandemia. Il destination office è stata una delle soluzioni trovate per riportare i dipendenti in ufficio e, allo stesso tempo, per supportare il lavoro ibrido. Il destination office, infatti, quando realizzato in maniera funzionale, diventa un vero hub nevralgico in cui si stimolano socializzazione, cultura, appartenenza, sviluppo di competenze e di idee. Per questo fin da subito è stato chiaro che avrebbe contenuto una varietà di settings che avrebbero incarnato e soddisfatto i nuovi bisogni del lavoratore ibrido. Claremont ha basato molto della sua ricerca sui dati, trovando che l’84% dei lavoratori moderni si aspetta che l’ufficio offra un’esperienza ai suoi utilizzatori; inoltre, il 23% di chi lavora in ufficio sostiene che disporre di una più ampia scelta di spazi da cui lavorare renda l’ufficio più invitante e attraente.

Sempre secondo Claremont, il destination office consiste in una varietà di ambienti che spaziano da aree deputate al benessere personale come il Coffee Shop o l’Area Ritiro, fino a zone dedicate invece alla collaborazione, come la zona Co-working o la Biblioteca. Appare rilevante sottolineare come per esempio l’Area Ritiro menzionata da Claremont sia pensata come uno spazio altamente versatile all’interno dell’ufficio, progettato per soddisfare i bisogni dei lavoratori riguardo al proprio benessere: si suggerisce per esempio di inserire un ambiente inclusivo e sereno destinato a pratiche religiose o spirituali ma anche una palestra e servizi per le neo-mamme; un’area di questo tipo tiene in considerazione i vari bisogni dei dipendenti offrendo un luogo in cui possano ricaricarsi e dedicarsi a se stessi e che contribuisca alla creazione di un ambiente lavorativo equilibrato.

Particolarmente interessante dal punto di vista di Stella è il ragionamento dedicato allo spazio di co-working che offre zone di lavoro condivise e flessibili, interamente progettate per supportare il lavoro agile: questa zona viene pensata, da Claremont così come da Stella, per includere una varietà di soluzioni lavorative che non escluda niente: dalla collaborazione in squadra fino alla produttività individuale, le aree co-working sono attrezzate per soddisfare ogni esigenza dei lavoratori ibridi, puntando sull’offerta di un ambiente lavorativo flessibile, adattabile e per questo focalizzato sull’incremento di produttività e collaborazione. Portiamo ad esempio attinente a questo ragionamento la nuova location firmata Stella a Venezia, Palazzo Isola Nova, una struttura polifunzionale e ricca di spazi flessibili, dedicati alle più svariate necessità di lavoratori e aziende: da sale riunioni più piccole fino ad ambienti dedicati a learning ed eventi, Palazzo Isola Nova abbraccia questa logica di destination, a supporto di un lavoro agile ma soprattutto funzionale, improntato alla proliferazione di una community e consapevole dei bisogni dei lavoratori anche oltre la sola componente lavorativa. 

I motivi per passare al destination office

Andrew Carmichael, Senior Director di Cushman & Wakefield, descrive il passaggio al destination office con il termine “hotelification“, che non significa progettare gli uffici come fossero degli hotel, ma progettarli “in modo che i dipendenti scelgano spontaneamente di andarci“. Secondo lui, i lavoratori ibridi scelgono di andare in un posto di lavoro ripensato come destination office per la ricchezza di connessioni e incontri che si possono creare in un luogo studiato per soddisfare ogni bisogno dal punto di vista lavorativo e non solo, perché il destination office non trascura il benessere mentale e fisico di chi lo utilizza e, anzi, è pensato proprio per far coesistere l’ambito lavorativo e quello di svago e socializzazione in un prolifico equilibrio.

Secondo Patrick Ames, autore e direttore di Claremont, le ragioni per trasformare un ufficio “classico” in un destination office sono diverse: abbiamo già menzionato quanto attrarre e trattenere talenti sia un obiettivo perseguibile tramite il remodeling dell’ufficio e ciò si conferma anche per Ames un motivo primario nel passaggio da una tipologia standard di ufficio ad una destination; anche del benessere dei dipendenti abbiamo già parlato, perché è direttamente collegato alla produttività: se si lavora in un luogo che, oltre ad offrire un’ampia gamma di aree dedicate a socializzazione e svago, permette sia concentrazione individuale — in aree silenziose e private — sia collaborazione e lavoro di squadra, è più probabile che ci si senta maggiormente a proprio agio e si sia quindi portati a lavorare meglio; come ci ha detto l’architetto di Palazzo Isola Nova, Daniela Carta, in una nostra recente intervista, i luoghi influenzano le percezioni delle persone che li vivono e quindi il loro umore e stato d’animo. 

Ma le ragioni a supporto del destination office non finiscono qui: promuovere creatività, innovazione e cultura aziendale è infatti obiettivo centrale della nuova tipologia di ufficio. Creatività e innovazione in continua ascesa permettono alle aziende di rimanere competitive e fanno parte della stessa company culture di cui si sente spesso parlare e che è lo strumento ideale per aiutare i dipendenti a sviluppare un senso di appartenenza e orgoglio per la loro azienda. Infine, Ames non trascura un’ultima motivazione di considerevole importanza: il passaggio al destination office assicura la possibilità di sfruttare al meglio le potenzialità del lavoro ibrido e agile e di rimanere quindi flessibili rispetto ad un mondo del lavoro in continuo cambiamento e aggiornamento.

Qualche suggerimento pratico per passare al destination office

Il destination office deve essere funzionale e, allo stesso tempo, ispirare i suoi utilizzatori a lavorarci, e a lavorarci meglio di quanto non farebbero da remoto: ciò si può ottenere, per esempio, inserendo negli ambienti luci naturali, elementi artistici e zone verdi, elementi che anche Stella ritiene utili alla creazione di un’atmosfera che veicoli un senso di comfort e che trasformi l’ambiente a livello di percezione di chi ci lavora; tuttavia, ci sono altri accorgimenti e strategie da mettere in atto per traghettare il proprio ufficio verso un luogo che possa dirsi una vera destination:

1. Definire dove si incontrano lo spazio e la cultura aziendale

Chiedersi cosa è importante per la propria azienda e i propri dipendenti, e perché, è la base per definire la strategia di passaggio ad un destination office; il motivo è che l’ufficio deve incarnare e riflettere i valori dell’azienda e la sua culturaBooqued porta come paradigma in questo senso gli uffici di Google: il colosso statunitense ha puntato in maniera importante sui propri quartier generali, stabilendo che ogni destination office firmato Google trasmetta inequivocabilmente l’idea di “googliness”, come l’hanno definita sul loro sito, ovvero l’insieme dei valori che formano la loro company culture. Lo spazio scelto da un’azienda parla sempre di quella azienda, ai suoi dipendenti e non solo, e non usare questa caratteristica a proprio favore è una perdita di valore e di opportunità.

2. Ispirarsi al mondo dell’hospitality

Carmichael intende questo quando parla di “hotelification”, e a Stella lo sappiamo: da tempo studiamo come far incontrare gli elementi di lounge, reception, concierge e aree deputate allo svago con elementi che invece appartengono alla sfera lavorativa, e lo facciamo guardando al mondo dell’hospitality come riferimento per i primi; è una questione di user experience: il mondo dell’ospitalità, nello specifico gli hotel, è diventato un top player nella costruzione di esperienze uniche per attrarre e mantenere i propri clienti. Il gruppo Hyatt, per esempio, ha analizzato l’esperienza dei clienti nei propri hotel e l’ha divisa in sette step o fasi, dall’arrivo fino alla partenza del cliente, che considerano ogni momento e luogo della permanenza: gli spazi social, le aree dedicate al food, le stanze, le attività e i servizi e infine gli eventi. Questa ricerca è servita anche per la realizzazione di The Hyatt Hub, la sede principale del gruppo a Chicago: in questo contesto, l’unica differenza nelle sette fasi della user experience rispetto agli hotel è rappresentata dalle stanze che chiaramente sono state sostituite da uffici e ambienti lavorativi. Il risultato finale è un “ufficio oltre l’ufficio”, che incorpora tutti gli elementi e i servizi offerti da un hotel ai suoi ospiti ma li declina in un contesto lavorativo, che quindi appare improntato a benessere e soddisfazione dei dipendenti, che giocano un ruolo fondamentale nell’incremento della produttività e del senso di appartenenza all’azienda.

3. Creare comunità e valore aggiunto

L’incremento del lavoro da remoto portato dalla pandemia ha incrinato il senso di comunità e appartenenza di molti uffici: secondo alcune statistiche, alla fine della pandemia il 57% dei dipendenti diceva di aver perso il senso di connessione coi propri colleghi. Il destination office basa molto della sua successo sul consolidamento di una comunità lavorativa e questo ragionamento va oltre la necessità di riporre maggiore cura nel design di ambienti deputati alla socializzazione: coinvolgere i dipendenti in attività comunitarie — soprattutto in forma di eventi — può avere un forte impatto nel rafforzare la comunità. Ma il destination office trascende la creazione della comunità e l’attenzione al benessere del dipendente e riflette a fondo sul valore aggiunto offerto dal luogo di lavoro al giorno lavorativo di chi lo utilizza: le pratiche di giving back, ovvero di restituzione di valore alla comunità, per esempio, supportando iniziative sostenibili, rendono l’ufficio un luogo carico di valore. Un’azienda può, per esempio, decidere di essere completamente trasparente sulle emissioni dell’ufficio e lavorare con gli utilizzatori per ridurle. 

4. Sfruttare la tecnologia al massimo

La tecnologia resta un elemento centrale nel destination office, a supporto della flessibilità e adattabilità dello spazio al singolo. Un esempio è la creazione di app che aiutino nell’organizzazione (per esempio per sapere quali uffici sono occupati) o sistemi di raccolta dati in tempo reale per regolare le emissioni. La linea da seguire, comunque, è sempre la stessa: usare la tecnologia per soddisfare i bisogni — anche variabili — dei dipendenti e rendere il loro lavoro più immediato e piacevole. 

5. Considerare i business center

Questa è una strategia adatta soprattutto — ma non esclusivamente — a piccole e medie imprese che, affittando spazi in un business center, come il nostro nuovo e già menzionato Palazzo Isola Nova, possono ritrovare tutti gli elementi sopracitati in un luogo creato su misura del benessere lavorativo (e non solo) delle persone che lo utilizzano e per essere il più possibile personalizzabile. I business center permettono infatti di risparmiare sul lungo termine su alcuni servizi e di averceli pronti all’uso, senza dover riorganizzare il proprio ufficio per essere più flessibile o sostenibile; una volta capite le esigenze dell’azienda e dei suoi dipendenti, il business center può essere la soluzione migliore per sfruttare al meglio il proprio budget, supportare il lavoro ibrido e flessibile e anche immergersi in una comunità che trascende quella della propria azienda e si apre ad un contesto considerevolmente più vasto: in questo modo, tra i vantaggi figura anche la concreta possibilità di instaurare connessioni e relazioni con professionisti e settori diversi dal proprio

A misura di lavoratore

Craig Sharland, Regional Estates Manager di Shoosmiths, una delle ormai tante aziende che stanno optando per un destination office, parla proprio in questi termini degli headquarters londinesi dell’azienda, sottolineando come lo spazio sia stato pensato “con i dipendenti in mente”, per adattarsi in tutto e per tutto a essi perché “in fondo sono loro che portano valore al business “.

Al compimento dei quarant’anni, di media, ognuno di noi ne avrà passati trentasei al chiuso, con la propria casa e il proprio luogo di lavoro ai primi posti nella lista dei luoghi in cui passiamo la maggior parte del tempo: perciò, concentrarsi su chi lavora negli uffici e ripensare questi ultimi considerando le svariate necessità di chi vi passa la giornata fanno del destination office il luogo che offre qualcosa in più a chi lo vive e usa, qualcosa che giustifichi il tragitto fino al posto di lavoro e che sia in grado di tenere in considerazione e mettere sullo stesso piano esigenze lavorative e personali.

Il benessere dei dipendenti è da sempre il primo obiettivo che il destination office si è posto, inizialmente per rispondere ai postumi della pandemia, ma che continua a porsi ora, nel processo sempre in evoluzione di creazione di un luogo di lavoro che sia davvero a misura di lavoratore, del suo lavoro e della sua esperienza lavorativa.

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